Bevo il mattino avanzato
nel ventre di luce del giorno
e del suo bianco cieco
che invecchia fischiettando
e ha scarpe senza lacci.

Pupille dilatate verso nessun approdo
nel crocevia di nessun luogo
la pioggia acrilica di pennelli impazziti
dipinge attimi che non vivremo
allatta una geometria che non mi alletta
assorbe il tempo che non mi assolve,
preme il grilletto invisibile ogni giorno.
Nessuno sparo.

Bruciando le foto, i ricordi
nel serpente di fumo che ingoia
e tramuta i colori in pigmenti
gassosi che volano via 
tra le mie dita e la carta che muore.
E tu che reggi la pistola
hai il mio volto e la mia stessa noia
lo specchio è un ladro di immagini
rubate al mondo di cui non fa parte,
della sua indifferenza ha fatto un'arte.
Lo specchio -gossipparo ingordo-
non muove un dito
ma seguita a fissarmi
a ingoiare ogni mio istante.
Mangiarmi.

Dio, lavoro, amore, casa:
titoli sospesi
per eccesso di ribasso.
Amo donne con la data di scadenza
impressa a china sul retro,
Vagolo sui miei giorni con codice a barre
e regolare scontrino da esibire a fine storia.

La danza ovvia dei "cosa non va?"
che ripeti senza tregua
come un ritornello intonato
sul suono dei clacson
che abbaiano ai passanti
e di trapani ad aria compressa,
autoclavi, relè, moto truccate.
Sorridi, dai! 
Un nuovo giorno inizia al clic del mouse
nel labirinto di pixel bianchi e blu 
dove perdiamo il nostro tempo.
Ridi, su!
Nel biascicante mormorio
dei tuoi giorni digitali
Ci diremo addio
in comode rate
senza dircelo.
Quasi in punta di piedi
un passo alla volta
zoppicando via
nell'eleganza oppiacea e urbana dello smog
eyeliner di ogni monumento.
Ho una pistola alla tempia,
ho premuto il grilletto
chiudendo gli occhi: 
nessuno sparo.

Nessuno Sparo

Come closer
the chill is a wall
come closer
in this empty circle of mine
come and paint it as you prefer.
I wanna drink your vivid colors
see them growing everywhere.

Inside of me there's an empty space
made to contain a dirty grace
eternalizing my old face.
Glad to toil for you and me
Glad to toil for you and me
Glad to toil for you and me
Glad to toil for you and me.

Come Closer

Ho superato mille cose
e mille altre mi supereranno.
Ultimo pasto, poi si corre forte
fino alla notte. L'ultima volta.
Cauto, per non perdermi
alcun sorso,
do le spalle al buio
e bevo i fiotti di luce scura
di malto e metafore.
Stendo la mente fin dove mi portano gli occhi
la strada è mia, so gocciolare
sudore, sangue o sperma:
non fa differenza. 
Chi è saggio lo sa
che nessuno arriva mai 
da nessuna parte.
Il valzer dell'inutile
squarcia il parafilm che ci preserva:
stiamo marcendo
mentre fai chiarezza e cerchi invano
le tue risposte al vuoto
che ti piscia via.
Rattoppo anime butterate
perché durino una notte di più:
l'incantesimo è estinto
passeggia scalzo
su un tappeto di lame.
Coltelli ubriachi
annaffiano gli occhi di sangue,
attraversiamo
paradisi di plexiglass
ritagliati su un binario morto.
Dal mito di "Jim e Pam" 
a quello di "Gin e Diazepam".
La metamorfosi di una generazione.
Dissotterro una vecchia sensazione
e nelle viscere gelide della sabbia
interro il me stesso di un tempo,
senza dargli né scampo né un bacio.
Mi risveglio altro.
Senza memoria
senza futuro
in silenzio.
E con gli stessi occhi.

Fino alla notte

Nessuno Sparo (2018)

Uno sciame, un tutt'uno, matassa
di teste e corpi intercambiabili
Uno sciame, un sinolo, melassa
squirtata dalle pareti uterine
della globalizzazione.
Incravattati nei loro
profumi dolciastri,
nei loro impieghi interinali,
sottopagati e felici
del loro sudore socialdemocratico
sbranano l'aria
in cerca di tempo nuovo
da deglutire in fretta.

Nel sadismo crudo dell'algebra
anneghiamo il nostro sorriso
e poi il nostro conto in rosso
aspettandoci senza conoscerci
laddove nessuna luce è gentile
coi nostri scheletri deformati
da armadi poco capienti.

Per convenzione ci siamo inventati
la morte dei giorni a mezzanotte
le buone maniere e le mignotte
le calze di ugual colore
l'aspartame, il grafene, il tumore. 
E poi ancora,
nella bulimia di totem user-friendly:
feticci colorati
o con corone di spine,
candeggine delicate,
rossetti da pompino,
la SARS, lo Spread, il SUV,
la TAV, il MUOS, il cantautorato indie.
Prelievi forzosi
alla mia immaginazione.
Preferisco la compagnia di uno stronzo
a quella di un coglione.

E adesso
stufo di seguire
il ritmo inutile dell'ovulazione
la gossipolitik della televisione
oggi non mi incanta
il sorriso buono dei bigotti
l'odio ignorante della massa
l'idiozia colta dei salotti
il fascino dell'uniforme
(se non chiazzata di sangue)
l'eleganza annoiata della sera
e neanche quella appagata della sega.

E ho maturato l'idea che gli animalisti
siano l'esempio lampante
di come talvolta le bestie 
valgano più degli umani.

Spread Kennedys

Ci prenderemo la nostra rivincita
quando il sole spolvererà questi occhi
e tutto quanto puzzerà di luce
saremo gli abiti della nostra fine.
Infetteremo i loro paradisi
sabotando la noia 
con le sue stesse armi
busseremo alle porte 
del nostro niente infinito.
Ridendo.
Saremo dissonanza
nello spartito più inutile
implacabili 
sorrideremo al giorno.
Ho già strappato a morsi 
tutti i miei contratti
e i fiotti della collera
disseteranno il male
che ci portiamo dentro
nel mormorio mellifluo
di una danza sbiadita
farraginosa
come il nostro stare in vita
con l'arroganza di chi osa
una nuova, ineluttabile ferita.
Succhia il latte dal seno del subbuglio
non c'è più tempo per tornare indietro
arma i tuoi sogni, gioisci e corri.
Nell'officina delle sensazioni
ho già piantato un chiodo
nel torace del mio universo
non volevo colpirlo a morte 
ma tenerlo qui per sempre.

Esplosioni dalle stanze private e balconi nuovi che crollano

Ci prenderemo la nostra rivincita.
Quando il sole spolvererà questi occhi
e tutto quanto puzzerà di luce
saremo gli abiti della nostra fine.
Infetteremo i loro paradisi
sabotando la noia 
con le sue stesse armi
busseremo alle porte 
del nostro niente infinito.
Ridendo.
Saremo dissonanza
nello spartito più inutile
implacabili 
sorrideremo al giorno
Ho già strappato a morsi 
tutti i miei contratti
e i fiotti della collera
disseteranno il male
che ci portiamo dentro
nel mormorio mellifluo
di una danza sbiadita
farraginosa
come il nostro stare in vita
con l'arroganza di chi osa
una nuova, ineluttabile ferita.
Succhia il latte dal seno del subbuglio
non c'è più tempo per tornare indietro
arma i tuoi sogni, gioisci e corri.
Nell'officina delle sensazioni
ho già piantato un chiodo
nel torace del mio universo
non volevo colpirlo a morte 
ma tenerlo qui per sempre.

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