"No Space Between Us" ha un percorso un po' travagliato. Nasce in modo molto estemporaneo come pezzo acustico, volendo cantautoriale, ma si trasforma, in conformità a "Don't stop" e "Keep on going", in un pezzo elettronico. Tuttavia, nel momento in cui ho condiviso entrambi i materiali con Giuseppe (cioè la demo acustica e un primo arrangiamento elettronico), ci siamo presto resi conto che il valore della canzone risiedeva nel suo modo di essere diretta, acustica, così per come è stata concepita. La chitarra, strumento assente in "Keep on going" e "Don't stop", fa la sua apparizione inevitabile (attesa, gradita, raggiunta) nella musica degli Answer Machine, cioè nella musica di due ragazzi che suonano la chitarra. "No space" è un pezzo che inaugura un progresso nel nostro modo di fare musica, ma un progresso che rimane dentro la "tradizione": il concetto è sempre quello di comporre moduli che siano esportabili in un punto o un altro del pezzo (gli "uuu" che sentite all'inizio, per esempio, sono stati concepiti per essere riprodotti alla fine del pezzo), e che tali elementi portino in serbo il germe della melodia pura, suonata con strumenti acustici. Gli archi, il pianoforte, rimangono fondamentali. Rimaneva un problema: come uniformare il suono di No space con gli altri pezzi? Giuseppe ha avuto la bella idea di far passare la traccia di archi attraverso il filtro di un sintetizzatore, e ha poi programmato il suono di batteria. Il risultato è quello che desideriamo: un pezzo acustico, ma non fino in fondo, elettronico, ma non fino in fondo. E' il centro del nostro discorso musicale: i generi sono delle gabbie troppo strette. I linguaggi sono fatti per essere studiati, miscelati, distrutti e rigenerati se è il caso.
S.
Quando Saverio mi ha mandato il file “No Space Between Us”, mi sono trovato di fronte a un pezzo già ben strutturato sui piani della composizione, dell’arrangiamento e del testo; al suo interno, ho riscontrato la presenza di diverse anime e mi sono assegnato il compito di bilanciarle: ho provato quindi a far coesistere gli elementi acustico/organici di voce, chitarra e archi, con quelle elettronici, rappresentati non tanto dai sintetizzatori quanto dalle opportunità che questi offrono di filtrare e modulare suoni già esistenti; l’intento è stato quello di creare una sorta di inestricabilità fra i suoni reali quelli artefatti senza che vi fossero nette demarcazioni. Per le voci e i cori ho stratificato numerose tracce, ciò ha portato a una maggiore spazialità del comparto vocale che ricrea artificialmente la sensazione di un coro polifonico, in cui più voci dallo stesso timbro vocale cantano la stessa parte ma con intenzioni interpretative lievemente differenti. Tutti i suoni di questo pezzo sono stati riverberati per ampliare il senso di spazialità, la batteria suona un semplice pattern di cassa continua e clap, i cui suoni provengono dal Volca Beats della Korg (drum machine analogica) e da brevi campionamenti di suoni percussivi pescati nella mia libreria musicale.
G.

No Space Between Us

Emotions" è per me una sorpresa. Anzi, le sorprese sono due. Da un lato, è un pezzo che nasce con l'intento teorico di miscelare a fondo il quartetto d'archi minimalista e l'elettronica pura (linguaggi che, per la loro struttura modulare, hanno molto in comune), ma rimane in fondo un pezzo molto spontaneo. Dall'altro, la fusione dei generi porta con sé la fusione di due stati d'animo: se la frase minimalista è nostalgica, quella elettronica è invece gioiosa. Come riescano a fondersi questi due sentimenti è noto a tutti, meno facile è invece comunicarli in musica, nel guscio comune di una manciata di battute, con l'alfabeto ristretto, ma bizzarramente infinito, delle note. La composizione operata per moduli ha permesso a Giuseppe di riordinare il materiale in modo non comune, secondo il nostro consueto comandamento: la sintesi prima di tutto, ce lo insegna la letteratura che abbiamo letto insieme. La sua operazione di riordino, e la sua grande perizia nella produzione dei suoni, è gemella di quella agita su "No Space Between Us": anche qui è presente la chitarra (classica), ed è trattata attraverso un filtro di sintetizzatore, come gli archi di "No space". Il nostro ospite gradito e desiderato, Massimo Russo dei Central al basso elettrico, completa una canzone che è figlia di un lavoro fatto tra amici, tra persone che condividono una visione musicale, ed extramusicale, profonda.
S.
Il mio lavoro su “Emotions” è consistito non tanto nel bilanciare gli elementi concepiti da Saverio, ma nel dare enfasi a ciò che già era contenuto nelle prime versioni del brano. Ritmo, armonia e melodia, che sono naturalmente le componenti fondamentali della musica, trovano in questo pezzo la propria rilevanza in modo netto: la batteria, scritta e programmata da Saverio, l’ho filtrata in alcune sezioni per conferirle variazioni dinamiche e sonore. Massimo Russo (Central) ha scritto e registrato una linea di basso elettrico. Gli archi sono stati mescolati e doppiati dai synth; alla parte di piano forte ho aggiunto , verso la fine, un synth arpeggiato (Thor di Reason) che riallinea il sound a quello dei pezzi precedenti. La voce è stata trattata da Saverio non da un vocoder ma da un synth vocal che, senza alterare significativamente il timbro, ne enfatizza la linea melodica. Tra tutti i pezzi degli Answer Machine, Emotions è quello più denso e meno rarefatto, ho infatti utilizzato la distorsione su molte delle tracce che lo compongono, con l’intento di conferire all’ascoltatore una sensazione di saturazione sonora che riflettesse il complesso mondo delle emozioni cantato da Saverio.
G.

Emotions

Raindrops è stata composta da Saverio alcuni anni fa, in un tempo in cui iniziavamo a mettere sullo stesso piatto le rispettive idee musicali, ancora prima che la nostra collaborazione fosse consolidata in Answer Machine.
Solo ultimamente abbiamo deciso di finalizzare il pezzo e di dargli la veste definitiva; mi sono ritrovato quindi a lavorare su una struttura di piano e voce, su cui progressivamente sono state innestate altre parti musicali come fossero pennellate di colore su una tela raffigurante un soggetto o una scena ben definite ma che richiedessero al contempo una trasposizione verso l'astratto. Musicalmente ho tradotto questa visione applicando una certa quantità di riverberi su tutte le tracce, mescolando i miei inserimenti (synth melletron, basso synth) a quelli di Saverio (piano, chitarre, cori, batteria e ovviamente voci) in modo che di creasse un intreccio sonoro e una non immediata identificazione delle parti. Come sempre, ho cercato di creare la giusta atmosfera attorno alla materia compositiva realizzata dal mio socio.
G.
Raindrops sembra allontanarsi dalla linea maestra degli Answer Machine. In realtà la composizione di questo pezzo risale ai primissimi esperimenti che facevamo insieme io e Giuseppe, quando anni fa abbiamo iniziato a collaborare per un breve ma intensissimo periodo. Periodo di scoperte, di esperimenti, di esperienza accumulata. Quindi Raindrops rappresenta, potrei dire, una delle basi che stanno sotto il nostro discorso. Se l'arrangiamento rimane distante da pezzi come Emotions o Don't stop, il mondo melodico, invece, e le relazioni armoniche tra nota e nota hanno un legame di parentela.
Abbiamo lavorato secondo la solita procedura: ho dato dei materiali a Giuseppe, che lui ha poi riordinato. Ma questa volta abbiamo lavorato con una idea di "verticalità": alcuni elementi di questo pezzo dicono "terra", altri "aria". Ogni strumento naturale, dalla chitarra al piano per finire con la batteria, è stato trasfigurato.
Bisogna dire che, nonostante la composizione sia molto lontana dal modello, in fase di postproduzione il nostro pensiero è andato a Lucio Battisti. La cosa straordinaria è che non ce lo siamo detto, ma lo abbiamo pensato entrambi in modo indipendente. Se io ho pensato al primo periodo "panelliano", Giuseppe si è invece confrontato con i momenti più "metafisici" di Anima Latina.
Il risultato è Raindrops, scritta ormai sette anni fa (tranne lo strumentale, che ho composto pensando invece alle progressioni cromatiche di alcune canzoni dei Beach Boys) ma prodotta in soli dieci giorni, con l'entusiasmo di chi ritrova un ricordo in un cassetto e lo vuole riportare alla luce con la consapevolezza del presente.
s.

Raindrops

Questo pezzo nasce da un giro suonato da Giuseppe su un ukulele. Per questo ho pensato che il testo di questa canzone, che appunto Giuseppe mi aveva chiesto di scrivere, dovesse essere un po' "terreno", cioè dovesse parlare come parlano le canzoni popolari. Ma la melodia che avevo composto sopra il giro non rispondeva esattamente a questa disposizione. Ho pensato che fosse una melodia più "aerea" e che meritasse un testo diverso. Trovatomi a disagio nella scrittura, mi sono lasciato andare a una mia vecchia idea: musicare una poesia. William Blake era la strada giusta. Ho infatti trovato in molte sue poesie la musicalità, la struttura metrica e soprattutto la propensione emotiva che serviva per questo pezzo. Proprio perché queste non sono caratteristiche di una sola poesia, ma di tutta una serie di poesie di Blake, ho scelto di fare un collage di testi, di modificare alcuni versi, di aggiungerne miei per dare completezza a una storia. Prendendo versi da tre poesie, ovviamente, ho dovuto uniformare il senso di ognuna di esse con piccoli interventi, in modo tale da creare un'unica storia. Le poesie sono "Love's secret", "The Angel" e "Night". 
Per quanto riguarda il lato musicale, credo che questo sia un pezzo in cui si sintetizzano le caratteristiche di tutti i nostri pezzi composti finora. Per fare il mastering ho preso spunto in pratica da tutto il nostro repertorio. E' stato molto difficile trovare una soluzione per la sezione ritmica, che ci poneva di fronte a molte scelte: questa è la canzone degli Answer Machine con il groove in assoluto più studiato.
S.
Song for William Blake doveva essere in origine un pezzo per voce e ukulele, con questo strumento ho infatti sviluppato la progressione armonica su cui Saverio ha composto il cantato e sviluppato il testo di Blake. La versione definitiva ha però una forma molto diversa, ed è costituita dagli elementi più caratteristici degli AM: groove elettronico/organico, archi, tessiture synth e vocoder; quest'ultimo, in fase di arrangiamento, ho deciso di lasciarlo isolato sul cantato di tutta la prima strofa. Questa idea l'ho presa da Publisher dei Blonde Redhead. Il comparto ritmico ha richiesto un po' di tempo e diverse soluzioni prima di essere messo a fuoco: alla fine abbiamo optato per un intreccio di percussioni classiche e drum machine. In particolare, verso la fine del pezzo si può sentire il rullante della Roland 606 amplificato dal Fender Hot Rod Deluxe. Per me è pezzo più pop di tutto il nostro arsenale. Ne vado molto fiero.
G.

Song For William Blake

Daydreamer è un pezzo speciale. Nato da uno dei migliori slanci ispirativi del mio socio, mi ha messo nelle condizioni di lavorare su materiale scritto e composto in maniera egregia; il mio ruolo è stato in qualche modo semplificato per la regola secondo cui migliore è il materiale grezzo, minore è il lavoro richiesto per farlo risplendere. In sostanza, il mio ruolo è stato di portare, per quanto ho potuto, il pezzo a un livello in cui si valorizzasse al massimo la componente melodica e vocale. E' l'unico nostro pezzo senza elementi ritmico/percussive; in compenso, ho innestato un po' di modulazione qua e la, soprattutto con l'utilizzo del phaser, effetto tanto caro a certi musicisti che si aggiravano nei pressi del muro della Berlino Ovest negli anni 70.
G.

Qualche mese fa mi è venuta voglia di arricchire un po' il mio bagaglio musicale ascoltando dei quartetti d'archi. Mi sono imbattuto, ormai posso dire "ovviamente", nel quartetto in Fa di Maurice Ravel. Una folgorazione. Ho come avuto l'impressione che il vecchio Maurice mi conoscesse da sempre e che, soprattutto nel primo movimento, avesse voluto aiutarmi a capire qualcosa di me. 
Fatta questa scoperta, ho ascoltato l'altro grande quartetto impressionista: quello di Debussy. Daydreamer nasce dall'incontro e dalla fusione di un tema di Debussy, adattato alla ritmica del pezzo, e del finale del primo movimento del quartetto di Ravel.
Dopo mesi di ascolto e di studio dei modelli di partenza, e la necessaria riduzione per pianoforte, mi sono sentito di scrivere un testo in grado di esprimere almeno una piccola percentuale di quello che provo ascoltando questa musica. Dopodiché sono passato all'orchestrazione.
L'apporto di Giuseppe è stato, al solito, fondamentale per mettere a fuoco questo lavoro, nel quale io ero ormai troppo coinvolto emotivamente. L'idea iniziale era quella di affidarci a un vocoder, o all'ADT che usavano ad Abbey Road per gli album dei Beatles. Ma Giuseppe ha avuto un'idea migliore: di solito gli invio alcune tracce vocali, dalle quali lui estrae il meglio, ma stavolta ha deciso di usare tutte le voci da me inviate, e ha creato un intenso wall of sound. Questo cambiamento coinvolgeva anche le altre frequenze, ma Giuseppe è stato al solito molto preciso nel lavorare di sottrazione sulle molte tracce che gli ho sottoposto ed è riuscito a creare il giusto equilibrio nell'arrangiamento.
Speriamo che questo pezzo vi piaccia, perché a noi piace molto.
S.


Daydreamer

Gli ANSWER MACHINE sono Saverio Vita e Giuseppe De Francesco. Entrambi musicisti e produttori, uniscono i loro orizzonti per dare vita a un linguaggio comune che esplora i territori dell'elettronica, del pop, della musica sinfonica e dei club europei. Al loro immaginario musicale appartengono più mondi orbitanti attorno a un'unica visione stilistica, compositiva e formale.

The ANSWER MACHINE are Saverio Vita and Giuseppe De Francesco. Both musicians and producers, they mix each other's points of view, expressing, as a result, a common language which explores the worlds of electronic, pop, symphonic and club music. Several planets orbiting around the same star: a unique vision, a common way of thinking about style, composition and formal issues.

Photo by Rino Pizzi - Artwork by ANSWER MACHINE

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