COMPOSED: 1998 --- PIANO: Maria Carla Notarstefano ---
(rough) live recording: 2003
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Sì, vivo in un monolocale - che divido con Basquiat, il cane che a un certo punto, all'inizio di quest'anno duemilaquattordici, ha deciso di accompagnarsi a me - e ho vissuto in tante case, sempre altrui anche se erano mie. Altrui era l'ordine, e il disordine. Le passeggiate, quelle sì, sono sempre state mie. E' altrui anche il monolocale, quello in cui vivo con Basquiat, in una città altrui, come tutte le città che ho abitato -- questa qui la chiamano "Palermo", e io mi adeguo, per non offendere nessuno: Palermo. E altrui, sì, sono i figli, i cani, i soldi e i sacchetti della spesa. Anche le donne, le donne che ho amato e quelle che amo - e le ho amate e le amo davvero - anche loro, le donne, sono altrui: ciascuna di se stessa, non mia, se riesce, se vuole, se può, sia con me o senza di me. Altrui come tutto il resto è il genio, e sono altrui le musiche - ma solo se non passeggio, in campagna o città che sia: in questo caso le musiche sono anche mie, almeno un po', almeno per un po' -- sì, a ben pensarci mio è l'ascoltare. Le musiche e il genio e le case, e i cani, le città e i figli e il cemento delle scuole, i soldi, le buste della spesa e i campi di grano: altrui, sempre, per il semplice motivo che null'altro posseggo davvero se non memorie. Memorie della notte anche in pieno mezzodì d'agosto. Memorie fantasie, e fantasie memorie - dall'istante in cui son nato , "venuto alla luce", come dicono - declinate ora al futuro, ora al presente, un po' come me insomma - (forse anche un po' come te, questo puoi saperlo tu, se lo vuoi). 
Stanno in una stanza, queste memorie - memorie fantasie e fantasie memorie - e la stanza è in una casa che ogni giorno costruisco (ma questo non diciamolo in giro: lo so io soltanto, e pochi, pochissimi altri. Forse più altre, sì, altre magari lo sanno pure, non so -- Sia come sia -- Shhh... - Silenzio..!). Questa stanza, la stanza della memoria, è in penombra - vi si accede attraverso una fessura che neppure io so come caspita faccio ogni santissima volta a passarci attraverso; fatto è che mi capita di ritrovarmici dentro, in questa stanza - e per esservi dentro è logico che da qualche parte devo pur essere entrato - o uscito - e, sì, in effetti, l'unico accesso che vedo è quella fessurina lì, fuori dalla quale c'è luce, e se tendo le orecchie come m'insegna a fare Basquiat, il cane che divide la sua vita con me nel mio altrui monolocale, se tendo le orecchie pare che fuori dalla stanza c'è qualcosa che suona come suona il mare (una volta ricordo ch'era vento - o era dentro anche il mare?). E' piena d'oggetti, la stanza della memoria; mi chiedo talvolta - ma solo se ho il raffreddore - come faccia a non crollare tutto rovinosamente, sarà forse la penombra, o il mare qui fuori (o era dentro? Sì, forse una volta era dentro, ricordo ch'era bagnato e salmastro, sì, almeno una volta dev'essere accaduto: ricordo). Tra gli oggetti ci sono alcuni pianoforti, e uno di questi è protetto da una coperta di lana non pettinata, di quelle antiche, che mi diede mio nonno proprio per coprire uno di questi pianoforti qui. Stava zappando la terra nera, mi ha sorriso, e mi diede questa coperta che ora copre il mio pianoforte. Ogni tanto, quando sono nella mia stanza della memoria -- sai? Quando c'è quel pulviscolo nella penombra, e c'è il mare e lamelle di luce dalla fessura da cui qui si accede? Ecco, in uno di quei momenti col pulviscolo e le lamelle di luce e il mare -- quando sono qui, dicevamo, sollevo la coperta, e suono il pianoforte. Questa volta qui m'è capitato quando avevo diciott'anni, e suonai nella stanza della memoria (che però, badiamo bene, allora non conoscevo così come ora), suonai cinque piccoli pezzi, e una canzone d'amore, e successe pure, come ero uso fare - lo sono tutt'ora, nuovamente - che oltre a suonare mi misi a scrivere.
Allora mi capitava spesso, molto spesso - infatti ogni giorno - di suonare, e di scrivere, ma disordinatamente --- Adesso metterò un po' d'ordine, sì. Arriva un momento nella vita in cui almeno l'ordine, e il disordine, hanno da essere tuoi, come le passeggiate, le memorie, le fantasie, e le memorie fantasie. Ora di anni ne ho trentaquattro, e continuo a non possedere case, città, cani, figli, genio e donne. Forse le musiche sì, adesso forse loro sì, anche quando non passeggio. 
Adesso quando passeggio fischietto melodiette allegre o malinconiche, e qualcuno a volte mi chiama: "musicista", "compositore" - e io li accontento, per non offendere nessuno: musicista, compositore. Tant'è, intanto le musiche stanno lì, qui, al sicuro nel pianoforte e dietro la carta, tra gli sguardi e le orecchie di chi ascolta, protette, al caldo della coperta di lana grezza che mi regalò quel vecchio che zappava la terra - tra altri pianoforti e chissà cos'altro - nella stanza della memoria.

Gianluca
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(dedicato a te; 27 gennaio 2014)

Gianluca Cangemi: "4" [from "5 piccoli pezzi e una canzone d'amore"]

Dall' album "Viaggi di sabbia" // 2012

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