Questa canzone parla delle difficoltà che gli artisti incontrano in un mondo in cui l’arte e la cultura sono relegate ad un ruolo marginale.
Non credo sia difficile intuire quale sia il Paese del titolo. Si tratta del nostro, un Paese in cui se alla domanda “che lavoro fai?” rispondi con “sono un artista”, ti chiedono “sì vabbè, ma che lavoro fai?”
Non so, probabilmente questo è il risultato di una scarsa educazione alla cultura, ma non voglio addentrarmi in analisi sociologiche, anche perché sono sicuro che voi vi annoiereste ad ascoltarmi almeno quanto io mi annoierei a parlarne. Io so soltanto che essere un artista e farlo per mestiere è una lotta continua. Una lotta contro i gestori dei locali che ti chiedono di suonare gratis. Una lotta contro chi ti considera un eterno disoccupato, o peggio, uno che non ha voglia di lavorare. Una lotta contro chi si spende in belle parole come “sostenere la scena indipendente” ma poi non ti fa registrare un disco se prima non partecipi ad un talent show. Una lotta contro chi dice che gli artisti devono in primo luogo essere manager di sé stessi. Beh, si dà il caso che io non ne sia capace. Ovviamente lo faccio comunque, perché altrimenti non potrei mai suonare da nessuna parte, ma non potete immaginare quanto io mi senta a disagio nel vendere la mia arte. Soprattutto perché questo significa togliere tempo e ossigeno alla mia attività creativa, che dovrebbe invece essere la mia principale attività.
Per questo motivo il cantautore protagonista della canzone (che potrei essere io, ma potrebbe essere un qualsiasi altro musicista che popola i pub e i club delle nostre città) si trova costretto a dover litigare con chi gli manca di rispetto (il proprietario del locale). E gli manca di rispetto perché fa un lavoro che non è classificabile come tale, secondo la tavola di valori della nostra società. È costretto cioè a scontrarsi con una realtà che non gli permette di fare musica, o almeno di farla come lui vorrebbe. Che gli piaccia o no, il suo, più che un lavoro, è considerato un hobby.

Giuliano Petrigliano